Il pane (dal latino panis) è un prodotto alimentare che già esisteva nel 1600, era ottenuto dalla lievitazione e successiva cottura in forno di un impasto a base di farina di cereali e acqua, confezionato con diverse modalità, arricchito e caratterizzato sovente da ingredienti prettamente regionali.
Ha un posto fondamentale nella tradizione occidentale come componente primaria dell'alimentazione, al punto che il termine stesso può diventare sinonimo di cibo o di nutrimento, non necessariamente fisico. Nella cucina più antica si usava il termine cumpanaticum per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane, sottolineandone il suo ruolo fondamentale.In Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.502 del 30 novembre 1998 che modifica la Legge n.580 del 4 luglio 1967.
Il pane può anche essere non lievitato, detto perciò azzimo o azimo, soprattutto nel caso sia da conservare per lunghi periodi. Tale è ad esempio il biscotto del marinaio, detto anche "galletta", cibo di lunga durata (anche mesi) tipico della marineria a vela; anche diversi pani regionali italiani sono azzimi.
Il pane non lievitato è diffuso in diversi paesi medio-orientali.
Ha un posto fondamentale nella tradizione occidentale come componente primaria dell'alimentazione, al punto che il termine stesso può diventare sinonimo di cibo o di nutrimento, non necessariamente fisico. Nella cucina più antica si usava il termine cumpanaticum per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane, sottolineandone il suo ruolo fondamentale.In Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.502 del 30 novembre 1998 che modifica la Legge n.580 del 4 luglio 1967.
Il pane può anche essere non lievitato, detto perciò azzimo o azimo, soprattutto nel caso sia da conservare per lunghi periodi. Tale è ad esempio il biscotto del marinaio, detto anche "galletta", cibo di lunga durata (anche mesi) tipico della marineria a vela; anche diversi pani regionali italiani sono azzimi.
Il pane non lievitato è diffuso in diversi paesi medio-orientali.
Il pane nel mondo
Il pane di frumento è il pane dei paesi occidentali, quindi dell'Europa temperata e della relativa diffusione etnica verso le Americhe delle popolazioni di origine europea. È la più importante fonte di carboidrati della dieta.
Nei paesi freddi nord europei è spesso diffuso il pane di segale, cereale molto più resistente del frumento al freddo e soprattutto adatto ad estati brevi; il pane di segale ha sapore più grezzo del pane di frumento, ma è molto ricco anche in proteine.
In America la alimentazione corrispondente da carboidrati di base, prima della conquista europea, era data soprattutto dal granturco o mais Zea mays, in varietà e preparazioni ad alta capacità nutritiva; nelle zone di montagna era ed è presente la Quinoa (Chenopodium quinoa), (pur questa non essendo a rigore un cereale).
Altri alimenti americani ricchi di carboidrati ma diversi dai cereali quindi sostanzialmente inadatti alla prarazione del pane erano (ed ancora sono) quelli derivati dalla patata, dall'Ulluco e dall'Oxa (od Oca). La citazione è dovuta dato che l'uso di tali ultimi alimenti è del tutto sostitutiva al pane, rende quindi nutile la alimentazione a base di pane.
In Africa e nelle zone calde del sud-ovest asiatico (paesi arabi) spesso è usato il pane di miglio o di sesamo, in precise località africane è presente il pane di Teff. L'uso di tali cereali è giustificata dal fatto che questi trovano in quelle regioni le condizioni ottimali di coltivazione.
Nel sud est asiatico (India, Cina, Giappone) esiste l'uso di fare "il pane" (o meglio derivati ricchi di carboidrati più o meno analoghi al pane) con il riso, anche in questo caso per precisi motivi climatici che inducono la coltivazione di questo cereale.
Definendo la tipologia di questi "tipi di pane" occorre dire che raramente questi corrispondono al concetto di pane che noi conosciamo. Spesso ne è impossibile la "lievitazione" come noi la intendiamo (formazione di una massa soffice) che è possibile solo con l'equilibrio di carboidrati proteine ed oli della farina di frumento in presenza di acqua e lieviti. Si hanno invece pani in forme e contenuto diversi, di forma piatta o di panetti solidi compatti o cremosi o gelatinosi, lievitati o non lievitati, ovvero fermentati da batteri acidificanti o trasformati da miceti.
Le fermentazioni sono spesso complesse, sorrette da sostanze aggiunte (erbe, fermenti, semi, legumi, proteine da carni o pesce) sulla base di ricette tradizionali gelosamente conservate; le fermentazioni (diversamente dalla lievitazione) hanno una maggiore funzione di arricchimento nutritivo o organolettico, oppure di passaggio di componenti nutritivi importanti (come i derivati di carni o pesce) in un cibo di notevole conservabitità (spesso le fermentazioni acide sono ottimi conservanti).
Questo è molto importante in luoghi e situazioni dove i nutrimenti pregiati possono essere molto rari, o non sempre disponibili, ed i sistemi di conservazione molto preziosi in ambienti difficili. Il "pane" quindi diventa solo una base di partenza di un prodotto spesso molto più complesso.
Un elemento importantissimo, ed ad oggi non ancora valorizzato, è l'esame critico dei rendimenti (definibili "notevoli") delle sole trasformazioni, la batterica o la micetica (e non la saccaromicetica) in termini di arricchimento (aumento) in vitamine e proteine, partendo sostanzialmente da semplici carboidrati.
Anche la panificazione del Mondo Occidentale, inteso quello che utilizza il frumento, ha la sua "fermentazione arricchente pregiata" nell'uso del Lievito naturale; purtroppo tale fermentazione anche se è ancora ben possibile in ambito domestico o se è utilizzata per produrre pani di alta qualità, non è possibile che venga economicamente utilizzata a produrre il normale pane commerciale. La fermentazione con lievito naturale infatti è lenta, e comporta procedimenti biologici naturali più delicati e complessi di quelli di una sola reazione bio-chimica, utilizzata quasi solo a far diventare il pane soffice.
Nei paesi freddi nord europei è spesso diffuso il pane di segale, cereale molto più resistente del frumento al freddo e soprattutto adatto ad estati brevi; il pane di segale ha sapore più grezzo del pane di frumento, ma è molto ricco anche in proteine.
In America la alimentazione corrispondente da carboidrati di base, prima della conquista europea, era data soprattutto dal granturco o mais Zea mays, in varietà e preparazioni ad alta capacità nutritiva; nelle zone di montagna era ed è presente la Quinoa (Chenopodium quinoa), (pur questa non essendo a rigore un cereale).
Altri alimenti americani ricchi di carboidrati ma diversi dai cereali quindi sostanzialmente inadatti alla prarazione del pane erano (ed ancora sono) quelli derivati dalla patata, dall'Ulluco e dall'Oxa (od Oca). La citazione è dovuta dato che l'uso di tali ultimi alimenti è del tutto sostitutiva al pane, rende quindi nutile la alimentazione a base di pane.
In Africa e nelle zone calde del sud-ovest asiatico (paesi arabi) spesso è usato il pane di miglio o di sesamo, in precise località africane è presente il pane di Teff. L'uso di tali cereali è giustificata dal fatto che questi trovano in quelle regioni le condizioni ottimali di coltivazione.
Nel sud est asiatico (India, Cina, Giappone) esiste l'uso di fare "il pane" (o meglio derivati ricchi di carboidrati più o meno analoghi al pane) con il riso, anche in questo caso per precisi motivi climatici che inducono la coltivazione di questo cereale.
Definendo la tipologia di questi "tipi di pane" occorre dire che raramente questi corrispondono al concetto di pane che noi conosciamo. Spesso ne è impossibile la "lievitazione" come noi la intendiamo (formazione di una massa soffice) che è possibile solo con l'equilibrio di carboidrati proteine ed oli della farina di frumento in presenza di acqua e lieviti. Si hanno invece pani in forme e contenuto diversi, di forma piatta o di panetti solidi compatti o cremosi o gelatinosi, lievitati o non lievitati, ovvero fermentati da batteri acidificanti o trasformati da miceti.
Le fermentazioni sono spesso complesse, sorrette da sostanze aggiunte (erbe, fermenti, semi, legumi, proteine da carni o pesce) sulla base di ricette tradizionali gelosamente conservate; le fermentazioni (diversamente dalla lievitazione) hanno una maggiore funzione di arricchimento nutritivo o organolettico, oppure di passaggio di componenti nutritivi importanti (come i derivati di carni o pesce) in un cibo di notevole conservabitità (spesso le fermentazioni acide sono ottimi conservanti).
Questo è molto importante in luoghi e situazioni dove i nutrimenti pregiati possono essere molto rari, o non sempre disponibili, ed i sistemi di conservazione molto preziosi in ambienti difficili. Il "pane" quindi diventa solo una base di partenza di un prodotto spesso molto più complesso.
Un elemento importantissimo, ed ad oggi non ancora valorizzato, è l'esame critico dei rendimenti (definibili "notevoli") delle sole trasformazioni, la batterica o la micetica (e non la saccaromicetica) in termini di arricchimento (aumento) in vitamine e proteine, partendo sostanzialmente da semplici carboidrati.
Anche la panificazione del Mondo Occidentale, inteso quello che utilizza il frumento, ha la sua "fermentazione arricchente pregiata" nell'uso del Lievito naturale; purtroppo tale fermentazione anche se è ancora ben possibile in ambito domestico o se è utilizzata per produrre pani di alta qualità, non è possibile che venga economicamente utilizzata a produrre il normale pane commerciale. La fermentazione con lievito naturale infatti è lenta, e comporta procedimenti biologici naturali più delicati e complessi di quelli di una sola reazione bio-chimica, utilizzata quasi solo a far diventare il pane soffice.
La qualità del pane
Nel mondo occidentale la maggiore evoluzione delle tecnologie panificatorie si è avuta grazie all'avvento di sistemi industriali moderni di molitura e spartizione delle frazioni farinose del frumento, (detto anche più comunemente "grano").
La molitura (macinazione) tradizionale non separava accuratamente tutti i prodotti della macinazione del grano, in particolare non separava le parti oleose e proteiche dai semplici carboidrati (amidi).
La conservazione nel tempo di queste farine era limitata poiché essendo queste ricche in proteine, oli e vitamine, queste ultime parti rischiavano nel tempo di alterarsi ed irrancidire. Quindi il sistema tradizionale ovviava a tale fatto con la molitura del grano in moderate quantità, a preparare solo il prodotto per il consumo a breve o medio termine.
È da dire peraltro che la conservazione in grandi quantità e per tempi molto lunghi delle farine non era una esigenza molto sentita. Il sistema della macinazione era diffuso in ogni città e spesso in ogni villaggio, in ogni mese dell'anno a preparare il necessario per il mese successivo, senza alcun problema. La conservazione di magazzino si faceva facilmente con la materia prima, il frumento in grani, dato che questo si conserva piuttosto bene e quindi resta sempre a disposizione per essere man mano macinato.
Le componenti oleose e proteiche erano però quelle che davano (e danno ancora in alcuni pani tradizionali) aroma e fragranza al pane, fornendo quelle caratteristiche che costituiscono il pane "buono", che spesso si sono perse nel pane corrente.
Con la tecnologia industriale attuale invece la separazione delle frazioni è rigorosa. I vantaggi merceologici sono ovvi, sotto forma della aumentata possibilità di conservazione delle farine (che sono quindi composte pressoché totalmente da amido), questo è vantaggioso per i trasporti su lunghe distanze e soprattutto nella possibilità di conservare le farine in condizioni anche non ottimali per tempi molto lunghi, senza avere perdite.
In questa maniera le altre frazioni più "instabili" della molitura sono messe da parte ed alimentano filiere produttive, spesso molto rimunerative, separate dalla panificazione: sono infatti dirottate a preparare prodotti dietetici, oli cosmetici, ecc.
Il pane però prodotto dalle farine così ottenute non avrebbe elevate qualità, sarebbe insipido e privo di nutrienti pregiati, di fatto costituito solo da amidi impoveriti, quindi è necessaria l'aggiunta di grassi vegetali, grassi animali, maltizzati, ecc. per raggiungere livelli accettabili di caratteristiche organolettiche. Non si ha peraltro certezza sulla natura e qualità di tali ripristini.
Anche le farine "integrali" dal commercio, nel senso corretto del termine, non sono affatto integrali, (perlomeno nel senso di costituzione completa del contenuto); sono solo la parte midollare (solo amido) del chicco con aggiunta della crusca (che è la parte legnosa e fibrosa esterna), ottima quest'ultima per la sua non digeribilità e per le note attività di promuovere, come sostanza inerte, la motilità intestinale. Mancano però le parti ricche, quelle corticali, con i minerali, gli oli e le vitamine, gli aromi, ed inoltre le parti del germe, ricco di proteine.
Ragionando su tabelle di dati circa il contenuto del seme di grano (o di altri cereali), in proteine, vitamine, amidi semplici e complessi ecc., cautelativamente conviene per ora considerare quei dati come non necessariamente attinenti al contenuto delle farine, né tanto meno del pane, salvo che sia specificatamente certificato.
D'altra parte la consuetudine di classificare (di fatto) le farine solo con la designazione "0", "00" (zero, doppio zero, a indicare la finezza, cioè durata, della macinazione), è quasi comparabile ad andare a definire le caratteristiche di un vino guardando la forma della bottiglia.
La preziosità di alcuni pani tradizionali regionali è proprio legata a questa differenza rispetto ai prodotti industriali, che non è solo di sapore; è noto che l'abuso di carboidrati raffinati (zuccheri e farine) impoveriti negli altri componenti equilibranti è una delle concause delle malattie glicemiche che costituiscono una importante patologia dell'epoca attuale.
La molitura (macinazione) tradizionale non separava accuratamente tutti i prodotti della macinazione del grano, in particolare non separava le parti oleose e proteiche dai semplici carboidrati (amidi).
La conservazione nel tempo di queste farine era limitata poiché essendo queste ricche in proteine, oli e vitamine, queste ultime parti rischiavano nel tempo di alterarsi ed irrancidire. Quindi il sistema tradizionale ovviava a tale fatto con la molitura del grano in moderate quantità, a preparare solo il prodotto per il consumo a breve o medio termine.
È da dire peraltro che la conservazione in grandi quantità e per tempi molto lunghi delle farine non era una esigenza molto sentita. Il sistema della macinazione era diffuso in ogni città e spesso in ogni villaggio, in ogni mese dell'anno a preparare il necessario per il mese successivo, senza alcun problema. La conservazione di magazzino si faceva facilmente con la materia prima, il frumento in grani, dato che questo si conserva piuttosto bene e quindi resta sempre a disposizione per essere man mano macinato.
Le componenti oleose e proteiche erano però quelle che davano (e danno ancora in alcuni pani tradizionali) aroma e fragranza al pane, fornendo quelle caratteristiche che costituiscono il pane "buono", che spesso si sono perse nel pane corrente.
Con la tecnologia industriale attuale invece la separazione delle frazioni è rigorosa. I vantaggi merceologici sono ovvi, sotto forma della aumentata possibilità di conservazione delle farine (che sono quindi composte pressoché totalmente da amido), questo è vantaggioso per i trasporti su lunghe distanze e soprattutto nella possibilità di conservare le farine in condizioni anche non ottimali per tempi molto lunghi, senza avere perdite.
In questa maniera le altre frazioni più "instabili" della molitura sono messe da parte ed alimentano filiere produttive, spesso molto rimunerative, separate dalla panificazione: sono infatti dirottate a preparare prodotti dietetici, oli cosmetici, ecc.
Il pane però prodotto dalle farine così ottenute non avrebbe elevate qualità, sarebbe insipido e privo di nutrienti pregiati, di fatto costituito solo da amidi impoveriti, quindi è necessaria l'aggiunta di grassi vegetali, grassi animali, maltizzati, ecc. per raggiungere livelli accettabili di caratteristiche organolettiche. Non si ha peraltro certezza sulla natura e qualità di tali ripristini.
Anche le farine "integrali" dal commercio, nel senso corretto del termine, non sono affatto integrali, (perlomeno nel senso di costituzione completa del contenuto); sono solo la parte midollare (solo amido) del chicco con aggiunta della crusca (che è la parte legnosa e fibrosa esterna), ottima quest'ultima per la sua non digeribilità e per le note attività di promuovere, come sostanza inerte, la motilità intestinale. Mancano però le parti ricche, quelle corticali, con i minerali, gli oli e le vitamine, gli aromi, ed inoltre le parti del germe, ricco di proteine.
Ragionando su tabelle di dati circa il contenuto del seme di grano (o di altri cereali), in proteine, vitamine, amidi semplici e complessi ecc., cautelativamente conviene per ora considerare quei dati come non necessariamente attinenti al contenuto delle farine, né tanto meno del pane, salvo che sia specificatamente certificato.
D'altra parte la consuetudine di classificare (di fatto) le farine solo con la designazione "0", "00" (zero, doppio zero, a indicare la finezza, cioè durata, della macinazione), è quasi comparabile ad andare a definire le caratteristiche di un vino guardando la forma della bottiglia.
La preziosità di alcuni pani tradizionali regionali è proprio legata a questa differenza rispetto ai prodotti industriali, che non è solo di sapore; è noto che l'abuso di carboidrati raffinati (zuccheri e farine) impoveriti negli altri componenti equilibranti è una delle concause delle malattie glicemiche che costituiscono una importante patologia dell'epoca attuale.
Le ricette
Le ricette più diffuse prevedono pressappoco l'impiego di due parti di farina di frumento e una di acqua, in parte freschi e in parte provenienti da un impasto precedente (lievito naturale o cosiddetta pasta madre); ne esistono tuttavia innumerevoli varianti in base al tipo di farine usate in aggiunta, oppure in sostituzione, di quella di frumento (ad esempio di mais o segale, ma anche derivata da legumi come la soia), oppure ancora per tipo di condimenti.
Quasi sempre al preparato per il pane viene aggiunto del sale durante la stessa fase di preparazione, eccetto alcuni tipi prodotti in Toscana, nelle Marche ed in Umbria (notoriamente privi di questo condimento). Ugualmente possono essere aggiunti anche olio, burro, strutto e altri grassi.
Inoltre in tempi recenti è sempre più diffusa l'abitudine di sostituire il lievito naturale con il lievito di birra che permette una lavorazione e una lievitazione più rapide.
Una volta preparato l'impasto, il pane veniva avvolto in un panno e lasciato lievitare per due o tre giorni in un posto fresco e asciutto. Con la stessa modalità avveniva per alcune settimane la conservazione del pane morbido appena sfornato.
Numerosi i tipi di pane riconosciuti in Italia come Prodotti agroalimentari tradizionali, o con D.O.P., D.O.C. o I.G.P..
Quasi sempre al preparato per il pane viene aggiunto del sale durante la stessa fase di preparazione, eccetto alcuni tipi prodotti in Toscana, nelle Marche ed in Umbria (notoriamente privi di questo condimento). Ugualmente possono essere aggiunti anche olio, burro, strutto e altri grassi.
Inoltre in tempi recenti è sempre più diffusa l'abitudine di sostituire il lievito naturale con il lievito di birra che permette una lavorazione e una lievitazione più rapide.
Una volta preparato l'impasto, il pane veniva avvolto in un panno e lasciato lievitare per due o tre giorni in un posto fresco e asciutto. Con la stessa modalità avveniva per alcune settimane la conservazione del pane morbido appena sfornato.
Numerosi i tipi di pane riconosciuti in Italia come Prodotti agroalimentari tradizionali, o con D.O.P., D.O.C. o I.G.P..
Tecniche di preparazione
Non esiste un metodo unico per la preparazione del pane.
Vengono riconosciuti tre principali metodi: diretto, semidiretto e indiretto.
Metodo diretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la pasta di riporto ( è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente).
Indiretto: prevede due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina chiamato biga o Poolish in base alla proporzione degli ingredienti che ne determina la consistenza; nella seconda si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 4 alle 48 ore[1], tutti gli altri ingredienti.
I vantaggi del metodo indiretto sono:
Il gusto e profumo più intensi.
Alveolatura più sviluppata (i buchi nella mollica).
un prodotto più digeribile.
Durata di conservazione più lunga.
Riduzione dei tempi di fermentazione dell'impasto finale.
Migliori caratteristiche strutturali e meccaniche (si ottiene una pasta più facile da lavorare).
Gli svantaggi sono:
Maggiori difficoltà di preparazione.
Tempi più lunghi.
Un monitoraggio costante delle temperature.
Vengono riconosciuti tre principali metodi: diretto, semidiretto e indiretto.
Metodo diretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la pasta di riporto ( è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente).
Indiretto: prevede due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina chiamato biga o Poolish in base alla proporzione degli ingredienti che ne determina la consistenza; nella seconda si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 4 alle 48 ore[1], tutti gli altri ingredienti.
I vantaggi del metodo indiretto sono:
Il gusto e profumo più intensi.
Alveolatura più sviluppata (i buchi nella mollica).
un prodotto più digeribile.
Durata di conservazione più lunga.
Riduzione dei tempi di fermentazione dell'impasto finale.
Migliori caratteristiche strutturali e meccaniche (si ottiene una pasta più facile da lavorare).
Gli svantaggi sono:
Maggiori difficoltà di preparazione.
Tempi più lunghi.
Un monitoraggio costante delle temperature.
Processi di produzione
processi principali della produzione del pane sono:
Impasto
L'impasto è quella operazione che permette di amalgamare tutti gli ingredienti di idratare le proteine della farina in particolare la gliadina e la glutenina. Queste due proteine semplici poste a contatto con l'acqua formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto rappresentata come forza della farina. Si tratta di una sorta di reticolo all'interno della massa di farina e acqua che la rende compatta, elastica e capace di trattenere gli amidi ed i gas della lievitazione che formano così le bolle caratteristiche della struttura spugnosa della mollica. L'impasto si esegue con macchine dette impastatrici. La temperatura dell'impasto, una volta ultimato, è ottimale tra 22 gradi C e 26 gradi C. Le stagioni calde e lavorazioni con macchine automatiche richiedono una temperatura più bassa. La temperatura della pasta viene regolata aumentando o diminuendo la temperatura dell'acqua. Nei mesi più caldi si può arrivare a utilizzare il ghiaccio in scaglie per abbassare la temperatura.
Puntatura
L'impasto viene lasciato riposare. I tempi variano a seconda della ricetta e della forza della farina.
Spezzatura e formatura
In questa fase l'impasto viene diviso in pezzi del peso desiderato questa fase viene effettuata a mano o con macchine chiamate spezzatrici o con gruppi automatici che oltre dividere l'impasto creano le forme.
Impasto
L'impasto è quella operazione che permette di amalgamare tutti gli ingredienti di idratare le proteine della farina in particolare la gliadina e la glutenina. Queste due proteine semplici poste a contatto con l'acqua formano un complesso proteico detto glutine che costituisce la struttura portante dell'impasto rappresentata come forza della farina. Si tratta di una sorta di reticolo all'interno della massa di farina e acqua che la rende compatta, elastica e capace di trattenere gli amidi ed i gas della lievitazione che formano così le bolle caratteristiche della struttura spugnosa della mollica. L'impasto si esegue con macchine dette impastatrici. La temperatura dell'impasto, una volta ultimato, è ottimale tra 22 gradi C e 26 gradi C. Le stagioni calde e lavorazioni con macchine automatiche richiedono una temperatura più bassa. La temperatura della pasta viene regolata aumentando o diminuendo la temperatura dell'acqua. Nei mesi più caldi si può arrivare a utilizzare il ghiaccio in scaglie per abbassare la temperatura.
Puntatura
L'impasto viene lasciato riposare. I tempi variano a seconda della ricetta e della forza della farina.
Spezzatura e formatura
In questa fase l'impasto viene diviso in pezzi del peso desiderato questa fase viene effettuata a mano o con macchine chiamate spezzatrici o con gruppi automatici che oltre dividere l'impasto creano le forme.
Lievitazione
In questa fase le forme del pane raddoppiano o triplicano il volume. Il pane viene adagiato su assi in legno o teglie, il tempo varia a seconda della quantità e del tipo di lievito utilizzato. In questa fase avvengono varie reazioni chimiche che producono alcol e anidride carbonica che viene trattenuta dal glutine. Durante questa fase il pane può essere coperto con dei teli (in lino o plastica) per evitare la formazione di crosta causata dall'evaporazione dell'acqua dalla superficie. Esistono anche delle celle di lievitazione che permettono di regolare e controllare la temperatura e umidità dell'aria.
Cottura
La cottura è quel processo che attraverso una serie di trasformazioni chimiche, biologiche e fisiche permette di ottenere un prodotto commestibile. La cottura del pane avviene in forni che possono essere principalmente di tre tipi a camere, rotativi e tunnel[2].
La temperatura di cottura varia da 220° C a 275° C e il tempo da 13 a 60 minuti. Indicativamente per pezzature grandi si utilizza una temperatura più bassa e un tempo maggiore. La pasta assorbe calore sia dall'aria (induzione) sia dalla piastra di cottura (convenzione). L'acqua presente all'interno evapora in superficie questa dilatazione provoca un aumento del volume e l'idratazione della superficie permette di non seccare la crosta. Durante tutto il tempo di cottura la pasta al suo interno non supera mai i 98° C. Il riscaldamento dell'interno della pasta avviene in modo graduale. Da 30° C a 40° C continua la fermentazione dei lieviti e la produzione di zucchero da parte degli enzimi. Da 40° C a 60° C avviene la morte dei saccaromiceti e inizia la solidificazione dell'amido. Tra i 60° C e 80° C avviene la completa solidificazione dell'amido la cessazione dell'attività enzimatica e la volatilizzazione dell'alcol etilico. Tra i 100° C e 140° C in superficie avviene la completa evaporazione dell'acqua che permette la formazione della crosta e la caramellizzazione degli zuccheri che conferiscono alla superficie il colore.
Grazie per questa spiegazione!
RispondiEliminaprego ......
RispondiEliminaIo aggiungerei anche "tanto amore" per un cibo così prezioso.
RispondiEliminaBrava NUVI.
Buona domenica
Molto dettagliata questa spiegazione...
RispondiEliminaci hai un po' erudito...
buona domenica
Bellissima spiegazione, è l'alimento più importante del mondo.
RispondiEliminaBuona domenica,
Stefano
grazie buona domenica!
RispondiEliminacomplimenti, una gran bell'articolo sul pane completo
RispondiEliminagrazie gunther...
RispondiEliminainteressante davvero!!!
RispondiEliminaho trovato alcune cose che non sapevo: mi ha fatto piacere leggere ed informarmi!
ciaooo e buona settimana
grazie dario
RispondiEliminama quante bella informazioni, grazie!
RispondiEliminaprego!
RispondiEliminamolto interessante buon inizio di settimana
RispondiEliminaBrava Nuvoletta! Fare il pane è una delle attività più gratificanti. Buona settimana Giovanna
RispondiEliminaGrazie...buona settimana anche a voi!
RispondiElimina