lunedì 10 marzo 2008

Il pensiero


I) è la facoltà di conoscere e comprendere gli aspetti generali e universali delle cose, senza dipendere immediatamente, e di volta in volta, dalle singole cose e dagli aspetti isolati con cui esse ci appaiono. Si tratta cioè della capacità di cogliere il reale per "astrazione". Ad es. con la parola "mela" possono essere comprese e identificate tutte le mele del mondo, anche se ogni mela può essere diversa dall'altra. Inoltre col concetto di "mela" s'intende un vasto complesso di elementi strettamente integrati: forma, colore, volume, peso, ecc.
II) Il pensiero è presente in ogni fenomeno cosciente: è l'attività che percepisce, elabora ricordi, coordina immagini, astrae, compara, giudica, ragiona. Abbiamo un pensiero percettivo che ci mette in contatto con gli avvenimenti che accadono in noi e nel mondo esterno; un pensiero immaginativo che ci rappresenta i dati percepiti o evocati dal passato; un pensiero associativo che stabilisce un certo ordine tra i vari fenomeni psichici; un pensiero affettivo che elabora le manifestazioni della nostra affettività; un pensiero volitivo che presiede ad ogni azione volontaria.
III) Il pensiero si eleva al di sopra del mondo delle percezioni per formare schemi generali che sono i concetti; esso afferra relazioni e trasforma il materiale fornito dai ricettori sensoriali in un sistema di giudizi, attraverso un processo di analisi e sintesi (ragionamenti).
La formazione dei concetti. Presupposto necessario alla formazione del ragionamento è il concetto: termine con cui ci si riferisce ad un simbolo astratto e generale che racchiude tutte le caratteristiche più rilevanti, comuni a un gruppo determinato di oggetti o eventi. I concetti si formano perché il nostro pensiero separa nella realtà quello che è utile o essenziale da ciò che è superfluo, ovvero le caratteristiche costanti da quelle variabili. Noi riconosciamo e classifichiamo gli oggetti sulla base dei concetti. Questo processo di schematizzazione dei dati percettivi rappresenta una grande economia di energia e di pensiero. Se dovessimo affrontare ogni oggetto o situazione come se fossero unici e irripetibili, saremmo sopraffatti dalla realtà. I due processi fondamentali per giungere alla formazione di un concetto sono quindi l'astrazione e la generalizzazione.
Il pensiero come giudizio. Si parla di giudizio esplicito quando dalla percezione (che di per sé può anche costituire un giudizio implicito) si passa ad una riflessione cosciente, espressa verbalmente o per iscritto o in maniera gestuale. L'attività giudicativa consiste nel riunire due percezioni o due immagini o due concetti, stabilendo tra loro un rapporto. Giudicare significa congiungere due termini con una affermazione, o separarli con una negazione. Ad es. il viso di una persona incontrata ci fa venire in mente quello di un'altra persona: questa associazione per somiglianza, per diventare giudizio, richiede che il pensiero decida la verità o la falsità dell'asserzione. Il giudizio presume sempre una qualche certezza, o in positivo o in negativo.
Il pensiero come ragionamento. Quando da uno o più giudizi ricaviamo la validità di un altro giudizio (l'affermazione di un nuovo rapporto), noi elaboriamo un ragionamento. Stabilito un punto di partenza, si cerca di arrivare a un punto di arrivo. Il giudizio di conclusione scaturisce dalle premesse, considerate come evidenti, e dai rapporti logici con altri giudizi che si fanno nel corso del ragionamento. Il passaggio da un giudizio all'altro costituisce il processo della ragione, che è appunto una serie coordinata di giudizi in un tutto organico. Dai dati particolari passiamo, con un procedimento induttivo, ai principi generali e dai principi generali, con un procedimento deduttivo, passiamo alle conseguenze particolari; oppure procediamo per somiglianze, ma il procedimento per analogia non è rigoroso.
IV) Il pensiero nell'età evolutiva. Il pensiero si struttura durante l'età evolutiva, in rapporto alla progressiva maturazione fisica e psichica dell'individuo.
Nell'infanzia la vera attività intellettuale non è ancora comparsa: il pensiero è sorretto da uno schematismo pre-logico, legato ai dati immediati della percezione. Il bambino inizia a ragionare con la forma analogica, che risponde al primo bisogno di "prova", cioè con un procedimento di verosimiglianza che va da un particolare a un altro particolare, detto "transduttivo" (aldilà della deduzione). Questo pensiero difetta di analisi, è irreversibile, unidirezionale.
Il fanciullo invece confronta gli oggetti tra loro e ci ragiona sopra, nota le caratteristiche comuni e differenti, intravede nuovi rapporti, pur nei limiti dell'immediato presente.
L'adolescente supera il ragionamento concreto del fanciullo, basato unicamente sulle azioni e sulla realtà, e sconfina nel campo del pensiero puro, della logica formale (aritmetica, matematica, geometria ecc.), dando così inizio al ragionamento ipotetico-deduttivo, svincolato da ogni dipendenza dal reale.
V) Caratteristiche essenziali del pensiero logico
Un pensiero sensoriale è concreto, un pensiero intellettuale è astratto. La capacità di astrazione permette di cogliere l'essenziale di un tutto, di analizzare il tutto nelle sue parti e di riunirle nell'unità della sintesi. Un pensiero logico ha la capacità di riflettere sulle proprietà comuni delle cose, di schematizzarle nella struttura del concetto e di ordinare i concetti in un serie gerarchica, secondo il loro grado di astrazione. Solo attraverso il pensiero logico il soggetto si rende conto di sé e rende conto di sé agli altri.
Da ricordare anche il pensiero intuitivo, che ci permette di cogliere la verità non col ragionamento, ma con una specie di illuminazione interna, improvvisa, inconscia. Questo pensiero spesso lo si ritrova (unito al pensiero logico) a capo di molte scoperte scientifiche, ma soprattutto nel campo artistico e religioso.
VI) Ovviamente l'articolazione del pensiero presuppone l'uso della parola, sia essa pensata, parlata, scritta o espressa col linguaggio dei sordomuti. Senza il linguaggio che socializza i pensieri, non sarebbe possibile pensare, come senza pensiero sarebbero impossibili il linguaggio interiore ed esteriore. Il pensiero precede, anzi crea la parola, ma la parola, a sua volta, è creatrice di pensiero, perché la parola creata torna al pensiero, lo precisa, lo arricchisce, lo sviluppa.
VII) Il pensiero produttivo
Il pensiero produttivo è quella forma di ragionamento che entra in azione ogni volta che ci troviamo di fronte a una situazione problematica, possibile di soluzione, ma tale da non presentare possibilità di soluzioni immediate e da non permettere nemmeno l'impiego di schemi di comportamento abituali. Tale situazione, se risolta, porta in genere a una nuova conoscenza.
Su questa particolare forma di pensiero è da vedere il contributo offerto dagli studi sulla psicologia animale compiuti da Kohler (uno dei maggiori esponenti della psicologia della percezione).
Le sue numerose osservazioni possono essere ricondotte a questo schema: un animale è affamato e quindi motivato a prendere cibo; questo non può essere raggiunto direttamente; per farlo l'animale deve risolvere un piccolo problema (p.es. aggirare la gabbia, utilizzare delle cassette o dei bastoni). I risultati mostrano che lo scimpanzé giunge alla soluzione mediante un'improvvisa riorganizzazione del campo psicologico (ciò soprattutto avviene nel momento in cui, p.es., il bastone cambia di significato e diviene da oggetto per giocare a strumento).
Normalmente le difficoltà che impediscono di ottenere la soluzione di un determinato problema sono legate alla tendenza propria del pensiero umano a ricercare dei metodi risolutivi già sperimentati per problemi analoghi.
A volte risulta difficile vedere altre proprietà o funzioni in un oggetto che è sempre stato utilizzato in una determinata maniera (p.es. una bottiglia che in una situazione d'emergenza può anche essere vista come "candeliere").
Quando questa fissità dovuta all'abitudine è tale da precludere con un certa forza la soluzione dei problemi, si parla di rigidità mentale.
Tuttavia l'individuo, a differenza dell'animale, può distaccarsi dalla situazione, mettersi al di fuori della presenza reale degli oggetti, al fine di cercare la giusta soluzione. In lui si realizza il ragionamento che è reso possibile in quanto ha raggiunto il pensiero concettuale.
VIII) Il pensiero onirico
Freud è stato il primo ad occuparsi seriamente dei sogni in maniera del tutto nuova rispetto alle teorie mediche precedenti. Egli riteneva che il sogno, come il lapsus, doveva essere considerato come un fenomeno psichico finalizzato a soddisfare un desiderio inconscio attraverso un'allucinazione visiva che assume il carattere di realtà.
Il sogno è una forma particolare di pensiero in cui non ci sembra di pensare bensì di vivere, accettando in buona fede delle allucinazioni.
I pensieri vengono trasformati in immagini (per lo più visive): le rappresentazioni delle parole vengono trasposte in rappresentazioni di cose concordanti, che divengono consce come percezione sensoriale.
Nel sogno agisce la censura che maschera il materiale inconscio prima che possa accedere alla coscienza sotto forma di sogno. Se il desiderio rimosso non ha una sufficiente copertura, il sogno è regolarmente accompagnato da angoscia, che interrompe il sonno.
Il pensiero onirico segue una logica diversa dal pensiero vigile, creando contatti e legami e coincidenze anche quando non esistono o sono irreali. Le scene visive che costituiscono il sogno rappresentano il contenuto manifesto, dall'analisi del quale si può risalire al contenuto latente.

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