mercoledì 20 febbraio 2008

Amore platonico


Amore platonico è il modo in cui comunemente si definisce una forma di amore sublimata, che esclude la dimensione sessuale e passionale.
Questa formula in realtà scaturisce da un contesto filosofico in cui l'amore, inteso come moto dell'animo e non come forma di relazione, viene interpretato come impulso al trascendimento della realtà sensibile, del mondo delle apparenze, capace di muovere la conoscenza verso l'assoluto, permettendo così all'uomo di ricongiungersi con il divino, attuando cioè un processo di
indiamento, come illustrato ad es. nel pensiero di Giordano Bruno.
Questa locuzione prende il nome da una teoria di
Platone, che nel Σύμποσιον (Simposio) racconta come l'Amore (Eros, in greco Ἔρος) fosse figlio di Pòros e Pènia. Pòros, l'intelligenza, aveva fatto innamorare Pènia, ossia la povertà che genera bisogno. Approfittando di un momento di ubriachezza di Pòros, Pènia giace con lui e dalla loro unione nasce Eros, l'amore.
Questo
mito mette in luce come Eros, la forza che fa andare avanti il mondo, abbia una natura contraddittoria, che partendo dall'amore delle forme, che porta alla procreazione e alla continuazione della razza umana, lo fa arrivare all'amore della conoscenza, ossia alla stessa filosofia.
Sembra che il termine amor platonicus sia stato coniato nel
XV secolo da Marsilio Ficino come sinonimo di amor socraticus. Entrambe le espressioni indicano l'amore diretto alle qualità morali ed intellettuali di una persona piuttosto che a quelle fisiche. I termini si riferiscono al legame affettivo molto speciale che intercorre tra due uomini, maestro e allievo, che Platone aveva descritto nei suoi Dialoghi ed esemplificato dal rapporto tra Socrate e i suoi giovani studenti, in particolare Alcibiade.

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